IL VERO SIGNIFICATO DI MARZO
Ciao Domini benvenuti in questo nuovo post!
Oggi voglio parlarvi dell’origine del mese di Marzo.
Marzo è il terzo mese dell’anno nel calendario gregoriano, conta 31 giorni e si colloca nella prima metà di un anno civile, tra i mesi di febbraio e aprile.
E’ il mese che segna il passaggio dall’inverno alla primavera.
Il nome deriva dal latino Martius, in riferimento al fatto che il mese fosse dedicato al dio romano Marte, divinità della guerra (ma anche della protezione agricola) come vedremo più avanti.
Nel nostro calendario Marzo è il terzo mese dell’anno, ma non è sempre stato così.
Perché in realtà nell’antico calendario romano, Marzo era il primo mese dell’anno!
Se vi interessa una brevissima storia del calendario occidentale vi lascio il link qui.
Ok, abbiamo capito che il mese di marzo, viene dal Dio Marte.
MA CHI è MARTE?
Marte è il dio romano della guerra, e in genere viene ritenuto l’equivalente di Ares, il dio della guerra greco.
Ma in realtà il Marte dei romani ha caratteristiche diverse da Ares.
Quindi vale la pena capire prima chi è Ares.
ARES IL DIO GRECO DELLA GUERRA
Ares é il figlio (incredibilmente legittimo) di Zeus ed Hera, padre e madre dell’Olimpo.
E’ il Dio della guerra intesa come ferocia e sete di sangue.
Nato nella selvaggia Tracia, è stato spesso sconfitto in battaglia, come quando lottò con Eracle per vendicare il figlio Cicno, o quando combatté a fianco di Ettore contro Diomede, o nella mischia degli Dei sotto le mura di Troia, sconfitto da Atena.
Ares aveva una quadriga trainata da quattro cavalli immortali dal respiro di fuoco e i finimenti d’oro, un’armatura bronzea e luccicante e una lancia.
I suoi uccelli sacri erano il barbagianni, il picchio, il gufo reale e l’avvoltoio.
Il suo culto non era molto diffuso nell’antica Grecia, tranne che a Sparta, dove c’era una statua di Ares incatenato, a simbolo di legame perpetuo con la città.
Questo perchè la divinità della guerra più venerata dai greci era Atena, dea della sapienza e della guerra strategica.
Il suo tempio, nell’agorà di Atene, fu da Augusto trasformato in tempio di Marte.
Pur essendo così brutale e selvaggio ebbe una relazione con la bellissima Afrodite, o Venere per i romani.
Da questa relazione ebbe due figli, che però somigliarono solo al padre, chiamati Deimos e Fobos, spiriti del terrore e della paura.
Che tra l’altro sono anche i nomi dei corvi di Sailor Mars.
Ebbe come sorelle Enio, Dea degli spargimenti di sangue, Bia, la violenza e Cratos, la forza bruta.
Ecco ora che abbiamo presentato brevemente Ares, torniamo a Marte.
Come vi ho precedentemente accennato, Marte non è un semplice copia e incolla dell’Ares greco.
IL MARTE ITALICO
Marte in realtà era una divinità italica della religione romana ed era il dio guerriero per eccellenza, in parte associato a fenomeni atmosferici come la tempesta e il fulmine.
Marte era venerato con numerosi nomi dagli stessi latini, dagli Etruschi e da altri popoli italici:
- Maris, nome Etrusco da cui deriva il nome del Dio Romano;
- Mars, nome Romano;
- Marmar;
- Marmor;
- Mamers, nome con cui era venerato dai popoli italici di stirpe osca;
- Marpiter;
- Marspiter;
- Mavors.
Secondo un’antica leggenda era figlio della Dea Tellus (dea romana della terra) e di Giove, in altri miti del biancospino, era inizialmente il Dio della fertilità, della vegetazione e dei giardini, ma anche della folgore, del tuono e della pioggia.
In seguito venne associato esclusivamente alla guerra e la battaglia, tanto importante per l’impero romano.
In quanto Dio della primavera, quando rinasce la vegetazione, si tenevano le principali celebrazioni e feste a lui dedicate.
Ma in realtà era anche il dio della guerra perchè in primavera ricominciavano le guerre.
Nell’Antica Roma la stagione delle guerre iniziava a Marzo e terminava ad Ottobre.
Come prova che Marte fosse anche protettore dalle calamità agricole abbiamo la preghiera rimasta nel “De agri cultura” di Catone, chiamata “Carmen lustrale“, che lo invoca per proteggere i campi da ogni tipo di sciagura e malattia.
“O padre Marte
ti prego e scongiuro,
perché tu sia favorevole e propizio
a me alla casa e alla nostra famiglia.
E per questa grazia
intorno al mio campo, alla mia terra e al mio fondo
un porco, un montone e un toro ho fatto condurre
perché tu i mali visibili e invisibili
la sciagura e la devastazione
la calamità e le intemperie
impedisca, scacci e allontani,
e perché le messi, il grano,
i vigneti e i virgulti,
tu li lasci crescere bene e svilupparsi,
e i pastori e le greggi
li conservi sani e salvi,
e buona salute e prosperità tu dia
a me, alla mia casa e alla mia famiglia:
dunque, per queste cose,
per purificare il fondo, la terra e il mio campo,
per ottenere la purificazione,
come ho detto,
sii onorato con il sacrificio
di questo porco, di questo montone e di questo toro ancora lattonzoli.»
Secondo Georges Dumézil, storico delle religioni, tuttavia il collegamento fra Marte e l’ambito campestre non farebbe di lui una divinità legata alla terra, in quanto il suo ruolo sarebbe esclusivamente di difensore armato dei campi da mali umani e soprannaturali, senza diversificazione dalla sua natura intrinsecamente guerresca.
Assieme a Quirino e Giove, faceva parte della cosiddetta “Triade arcaica”, che in seguito, su influsso della cultura etrusca, sarà invece costituita da Giove, Giunone e Minerva.
Più tardi, identificandolo con il greco Ares, venne detto figlio di Giunone e Giove e inserito in un contesto mitologico ellenizzato.
IL MARTE ROMANO
Il Dio Marte, Mars in latino, secondo la mitologia romana del I secolo a.c., era il Dio della guerra, il Dio dei soldati che a lui si raccomandavano e a cui dedicavano i nemici uccisi.
Il suo nome provenne probabilmente dall’etrusco Maris.
Marte, nella società romana, assunse un ruolo molto più importante del greco Ares, perché considerato il padre del popolo romano, poichè con Rea Silvia concepì i gemelli Romolo e Remo.
Romolo diventerà il primo re di Roma.
Di conseguenza i romani si chiamavano tra loro Figli di Marte.
Marte comparve spesso sulla monetazione romana, sia repubblicana che imperiale, con vari titoli: Marti conservatori (protettore), Marti patri (padre), Mars ultor (vendicatore), Marti pacifero (portatore di pace), Marti propugnatori (difensore), Mars victor (vincitore).
Il mese di marzo, il giorno di martedì, i nomi Marco, Marcello, Martino, il pianeta Marte, il popolo dei Marsi e il loro territorio Martia Antica (la contemporanea Marsica) devono a lui il loro nome.
Il Marte romano è rappresentato in maniera piuttosto uniforme; quasi sempre con indosso l’elmo, la lancia o la spada e lo scudo, raramente con uno scettro. Talvolta è ritratto nudo, altre volte con l’armatura e spesso ha un mantello sulle spalle.
A volte è rappresentato con la barba ma, nella maggior parte dei casi, è sbarbato.
È raffigurato a piedi o su un carro trainato da due cavalli imbizzarriti, ma ha sempre un aspetto combattivo.
Gli antichi Sabini lo adoravano sotto l’effigie di una lancia chiamata “Quiris” da cui si racconta derivi il nome del dio Quirino, spesso identificato con Romolo.
IL MITO ROMANO DELLA NASCITA DI MARTE
Secondo una leggenda, Giunone, invidiosa che Giove avesse concepito da solo Minerva, chiese aiuto a Flora (antica dea italica collegata con il fiorire della primavera delle piante) per rimanere incinta, allora la Dea le indicò un fiore che cresceva nelle campagne in Etolia (una regione della Grecia) che permetteva di concepire al solo contatto.
Giunone toccò il fiore e diventò madre di Marte, che fece allevare da Priapo (divinità simbolo dell’istinto sessuale della forza generativa maschile e quindi anche della fecondità della natura) il quale gli insegnò l’arte della guerra.
La leggenda è di tradizione tarda come dimostra la discendenza di Minerva da Giove, secondo il mito greco, mentre Flora testimonia una tradizione più antica che faceva discendere gli Dei dalla Grande Madre Terra.
LA FONTANA DI MARTE
A Roma vi era anche una fontana consacrata a Marte e venerata dai cittadini.
Si dice che l’imperatore Nerone, una volta, si bagnò in quella fontana, gesto interpretato dal popolo come un sacrilegio.
Da quel giorno l’imperatore iniziò ad avere problemi di salute, secondo la gente dovuti alla vendetta del Dio.
SIMBOLI DI MARTE ROMANO
I simboli di Marte romano erano il picchio, il lupo, il cavallo, la lancia, il toro, lo scudo bilobato (o ancile fatto di bronzo decorato a sbalzo formato da due scudi circolari accordati all’esterno dalla elemento circolare trattenuto dalle borchie centrali), le hastae martiae (le lance di Marte, che erano conservate nel sacrario della regia e si scuotevano in caso di gravi pericoli).
LA TRISTE FINE DI ALETTRIONE FAVORITO DI MARTE
Alletrione era un giovane soldato, confidente e favorito di Marte, il quale faceva la guardia mentre il suo padrone Marte amoreggiava con Venere, per avvertirlo dello spuntar del giorno.
Ma un giorno Alletrione si addormentò.
Apollo scoprì gli amanti e riferì subito a Vulcano, marito di Venere, del tradimento della moglie.
Allora Vulcano li circondò con una rete e li espose abbracciati alla vista degli Dei.
Marte, pieno di ira, trasformò Alettrione in un gallo che, memore della sua negligenza, ancora oggi annuncia all’alba l’avvicinarsi del sole.
I SACERDOTI DI MARTE
I sacerdoti di Marte nell’ Antica Roma si chiamavano Salii.
Il nome dei Salii deriva infatti dal verbo latino “salire“, che significa saltare.
La creazione dei sacerdoti Salii è antecedente all’epoca della Repubblica Romana e risale a Numa Pompilio che istituì un consiglio di sacerdoti, scelti tra i figli di famiglie patrizie i cui genitori fossero in vita al momento della scelta.
I Salii erano chiamati a vigilare su dodici scudi sacri, gli Ancilia, di cui si dice che uno sia caduto dal cielo.
I sacerdoti Salii, in realtà erano un’istituzione ben più antica di Numa Pompilio, risalivano addirittura al re-dio Fauno, che li creò in onore di Marte, costituendo così i primi culti iniziatici latini.
La nomina dei Salii era a vita, ma era permesso abbandonare l’ordine in caso di sacerdozio di maggiore importanza o di una grossa carica pubblica.
Fu sacerdote Salio anche Publio Cornelio Scipione, detto l’Africano, il vincitore di Annibale.
I Salii erano i sacerdoti addetti quasi esclusivamente al culto di Marte, Quirino e dei membri della famiglia imperiale.
Il loro compito era anche quello di proteggere il sacro Ancilie, lo scudo donato da Marte a Roma.
IL LEGGENDARIO SCUDO ANCILE DI MARTE
La leggenda narra che un scudo di bronzo venne inviato da Marte Gradivo a re Numa Pompilio come pegno dell’eterna invincibilità di Roma.
La ninfa delle acque sorgive Egeria aveva rivelato che chi avesse posseduto questo scudo sarebbe diventato molto potente, perciò Numa incaricò il fabbro Mamurio Veturio (della gens Veturia), di forgiare altri 11 scudi identici all’Ancile, così che fosse impossibile ai nemici di Roma sottrarre quello autentico.
L’Ancile divenne così uno dei sette pegni del comando di Roma.
Numa affidò gli scudi a dodici giovani patrizi che diventeranno i Salii, sacerdoti di Marte, che li custodirono nella Regia
Alle idi di marzo i Salii portavano gli ancilia in processione per le vie di Roma, percuotendoli con le loro aste e cantando inni a Marte danzando in ritmo a tre tempi, alla fine del mese venivano solennemente riposti, ed era vietato intraprendere operazioni militari prima di quella data.
Nei rituali dei sacerdoti Salii, veniva cantato il “Carmen Saliare”, di cui si hanno pochi frammenti in latino arcaico.
I riti si tenevano a marzo ed ottobre cioè all’ inizio e alla fine della stagione delle guerre.
Alcuni frammenti dell’inno, composti in versi saturni, si sono conservati grazie a Marco Terenzio Varrone:
“Cantate Lui, il padre degli Dei,
supplicate il Dio degli Dei,
quando tuoni, o Dio della luce,
davanti a te tremano
tutti gli Dei che lassù
ti sentono tuonare dalle nubi.”.
I TEMPLI DI MARTE
Ma è rimasto qualche tempio di Marte?
Si, anche se ben poco
A Roma si trova il Tempio di Marte Ultore al Foro di Augusto
Venne fatto erigere da Ottaviano e dedicato a Marte Ultore e alla battaglia di Filippi del 42 a.c., in cui con Marco Antonio aveva sconfitto gli uccisori di Cesare, e venne inaugurato nel 2 a.c..
Il tempio si innalzava su un podio di 3,5 m. rivestito in blocchi di marmo con otto colonne corinzie davanti e otto su ciascuno dei fianchi. I colonnati e le pareti esterne della cella erano realizzati in marmo lunense.
Il podio era costituito da fondazioni in opera cementizia e in blocchi di tufo, sotto i muri, e in tufo e travertino, sotto i colonnati; le fondazioni erano rivestite da blocchi di marmo.
Vi si accedeva con una scalinata frontale di 17 gradini in marmo, con al centro da un altare.
La cella aveva le pareti interne decorate da due ordini di colonne, con sul muro altrettante lesene.
Sul fondo un’abside, con un podio per le statue di Marte e Venere, e una scalinata rivestita in lastre di alabastro.
Vi erano ospitate le statue di Marte e di Venere, con altre sculture nelle nicchie che si aprivano sulle pareti tra le colonne.
FESTIVITÀ DEDICATE A MARTE
Marte era venerato fastosamente in marzo, il mese che segnava la ripresa delle attività militari dopo l’inverno.
Ecco alcune feste dedicate a lui:
Gli Equirria, che si tenevano il 27 febbraio e il 14 marzo.
Erano giorni sacri con significato religioso e militare; i romani vi mettevano molta enfasi per sostenere l’esercito e rafforzare la morale pubblica.
I sacerdoti tenevano riti di purificazione dell’esercito. Si tenevano corse di cavalli nel Campo Marzio (l’area fu consacrata al dio Marte, e adibita ad esercizi militari)
Le feriae Martis che si tenevano dal 1º marzo al 24 marzo.
Durante le feriae Martis i dodici Salii Palatini percorrevano la città in processione, portando ciascuno un Ancile, uno dei dodici scudi sacri, e fermandosi ogni notte ad una stazione diversa (mansio).
Nel percorso i Salii eseguivano una danza con un ritmo di tre tempi (tripudium) e cantavano l’antico e misterioso Carmen Saliare.
Il 19 marzo si teneva il Quinquatrus, durante il quale gli scudi venivano ripuliti.
Il 23 marzo si teneva il Tubilustrium, dedicato alla purificazione delle trombe usate dai Salii e alla preparazione delle armi dopo la pausa invernale.
Il 24 marzo gli ancilia venivano riposti nel sacrario della Regia.
L’October Equus si teneva alle idi di ottobre (15 ottobre). Si svolgeva una corsa di bighe e veniva sacrificato a Marte il cavallo di destra del trio vincente tramite un colpo di lancia del Flamine marziale.
La coda veniva tagliata e il suo sangue sparso nel cortile della Regia. C’era una battaglia tradizionale tra gli abitanti della Suburra che volevano la coda per portarla alla Turris Mamilia e quelli della Via Sacra che la volevano per la Regia.
Il 19 ottobre si teneva l’Armilustrium, dedicato alla purificazione delle armi e alla loro conservazione per l’inverno.
Ogni cinque anni si tenevano in Campo Marzio le Suovetaurilia, dove davanti all’altare di Marte (Ara Martis) il censo veniva accompagnato da un rito di purificazione tramite il sacrificio di un bue, un maiale e una pecora.
OFFERTE A MARTE
A Marte si offrivano come vittime sacrificali vari tipi di animali: dei tori, dei maiali, delle pecore e, più raramente, cavalli, galli, lupi e picchi verdi, molti dei quali gli erano consacrati.
Le matrone romane gli sacrificavano un gallo il primo giorno del mese a lui dedicato che, fino al tempo di Gaio Giulio Cesare, era anche il primo dell’anno.
Se ti interessa ho fatto anche un video su Marte che pupi trovare qui sotto.
BIBLIOGRAFIA
-Cerchiai, Mainardis, Manodori, Matera, Zaccaria, “Storia di Roma Antica”, Newton Compton Editori, 2000.
-Karl, Wilhelm Weeber, “Vita quotidiana nell’Antica Roma” Newton Compton Editori, 2007.
SITOGRAFIA