Antico EgittoCIBOCUCINA STORICA

COSA SI MANGIAVA NELL’ANTICO EGITTO?

Ciao a tutti!  Oggi proseguiamo il nostro viaggio nella storia del cibo!

Stavolta ci addentreremo in una delle epoche più affascinanti e misteriose dell’umanità: L‘Antico Egitto!

antico egitto

Tanto per darvi una minima idea del periodo, vi basti sapere che la storia dell’Antico Egitto copre circa 4000 anni. Dal 3900 a.C. (Periodo Predinastico) al 342 a.C. (Periodo tardo) e comprende ben trenta dinastie regnanti riconosciute archeo-storicamente.

Benché il primato di cucina più antica del mondo appartenga ai mesopotamici, il secondo posto spetta certamente alla cucina antico egiziana.

Contrariamente a quella mesopotamica, le cui  fonti riguardanti l’alimentazione sono piuttosto scarse, per quella egiziana le fonti sono decisamente più numerose.

Oltre che dalle numerevoli citazioni dei testi letterari egiziani, e qualche ritrovamento archeologico, possiamo dedurre l’uso di determinati alimenti grazie alla documentazione figurativa. Le tombe degli antichi faraoni e nobili egiziani sono piene di scene di lavori agricoli, ortocultura, arboricoltura, allevamento, caccia e pesca ecc. e di attività di trasformazione dei prodotti primari (scene di panificazione, birrificazione, vinificazione ecc).
Altra buona fonte di informazioni sono i papiri e gli ostraca (pezzi argilla) ieriatici del villaggio di Deir el Medina.

In generale era opinione corrente nel mondo classico che gli egiziani fossero ben nutriti

Erodoto (484 a.c-430 a.c) ad esempio, nel descrivere le abitudini alimentari egiziane, parla di pasti abbondanti e variati.
Basta inoltre osservare una qualunque mappa dell’Egitto, per capire che la popolazione egiziana si trovava a vivere in un regione straordinariamente arida, priva di vasti pascoli e folta vegetazione e quindi non stupisce che le varie fasi dell’attività agricola, rimasero pressochè invariate durante tutto il corso della storia egiziana.

Fonte mappa.

Ciò si deve al fatto che l‘agricoltura dipendesse interamente dallo straripamento del Nilo che si verificava ogni anno nei mesi estivi da giugno a settembre e che lasciava sul terreno uno strato di fertile limo.
Quindi la sopravvivenza dello Stato egiziano dipendeva totalmente da un fenomeno naturale trascendente la volontà dell’uomo.

Ok, fatta questa dovuta premessa, vediamo quali sono gli alimenti consumati dagli antichi egiziani!

CEREALI

Alimento base già dall’epoca predinastica, i ritrovamenti archeologici testimoniano la presenza di  frumento (genere triticum) e di orzo (Hordem sativum vulgare) e farro ( triticum dicoccum).

Da sinistra: frumento, orzo d farro

Le spighe venivano raccolte e battute sull’aia dinanzi alle case coloniche, questo permetteva una prima separazione dei chicchi dalla spiga, separazione che nel Nuovo regno venne facilitata dall’uso di una pertica girevole a cui venivano collegati buoi o asini. In questo modo bastava una sola persona a sorvegliare l’intera operazione.

Il grano veniva pulito e accuratamente misurato  sotto il controllo dei funzionari e scribi per poi essere immagazzinato nei granai.
Non esistendo il denaro, i cereali potevano diventare moneta di scambio in varie circostanze nella vita del paese.
A gestire i lavori e i processi di controllo e produzione agricola era l’Amministrazione centrale, che si preoccupava di regolare i raccolti, di fissare le relative tassazioni, di raccogliere le imposte in natura, di trasportare il grano ai granai e di ridistribuirlo infine tra i servizi.

Raccolta dei cereali. Fonte immagine.

I cereali oltre per  produrre il pane, venivano utilizzati anche per la preparazione di zuppe e birra.

IL PANE

Anche nell’Antico Egitto il pane era l’alimento base dell’alimentazione.

Gli Egiziani, attenti osservatori dei fenomeni naturali, pur non arrivando ad una spiegazione scientifica, che si avrà soltanto nel XVII secolo, scoprirono che l’impasto fresco lasciato casualmente per qualche tempo a contatto con l’aria si inacidiva e aumentava di volume. Ben presto compresero l’utilità di conservare, di volta in volta, un pezzo di pasta che inacidita e aggiunta a quella fresca, la faceva lievitare meglio e più velocemente.
Nasceva così il primo “lievito”.
La documentazione figurativa testimonia l’esistenza di numerose forme di pane.

Ma non si è in grado di capire se a forme diverse corrispondessero delle precise differenze qualitative o di destinazione d’ uso.
Si ignora perfino quali fossero i pani più utilizzati nella vita quotidiana.
Tra le offerte funerarie il pane occupava una posizione preminente non solo nelle raffigurazioni pittografiche; in molte tombe infatti sono stati ritrovati numerosi pani vecchi di millenni.
La maggior parte di essi era fatto con farina di farro.

Tavolino di canne e steli di papiro, impiegato come piano d’appoggio per le forme di pane Fibre vegetali. Nuovo Regno, XVIII dinastia. Museo Egizio di Torino. Fonte

LA PANETTERIA DEL FARAONE

Nella tomba di Ramses III è stato scoperto un dipinto a più scene, rappresentante la “panetteria reale“:

In alto a sinistra due uomini lavorano la pasta con i piedi puntellandosi a dei bastoni per aumentare la propria forza; accanto troviamo dei portatori d’acqua, modellatori delle forme di pane, addetti al riscaldamento e alla cottura, infine i portatori di pane appena sfornato.

La pasticceria di corte di Ramses III. Fonte.

Le tipologie di pane erano diverse: c’era pane di forma conica, circolare, semicircolare (i più tradizionali), ovoidale, triangolare, a ciambella ecc. Mentre, tra le varie qualità troviamo il pane condito, troviamo quello con sale, olio o latte, quello al sesamo, alla canfora, ai semi di papavero, al cumino, alla frutta (datteri, fichi, pistacchio, noci, mandorle e ai semi di loto bianco.
Dopo una cottura preliminare alcuni pani venivano cosparsi di farina o di uno strato leggero di impasto fresco e, quindi, ricotti in modo da formare una crosta marroncina.

Si presentavano come pani duri e croccanti all’esterno e soffici all’interno.
Durante il Nuovo Regno si usavano forme curiose: zoomorfe, antropomorfe, pani-giocattolo destinati ai bambini, o scopi magico religiosi, come ad esempio il pane a forma di fallo su cui doveva essere recitata una formula.
Nel Nuovo regno si utilizzavano soprattutto dei forni cilindrici alle cui pareti interne venivano attaccati i pani.

Inoltre il processo di lavorazione del pane era strettamente connesso a quello della BIRRA.

FRUTTA E VERDURA

Già nell’ Antico Regno sono presenti rilievi funerari con scene di orticultura dove le aiuole appaiono ben divise, curate e irrigate con orci portati a spalla dagli acquaioli.
A delimitare e fiaccheggiare i lotti coltivati c’erano generalmente alberi di fichi.
Le verdure classificate con il termine generico rnpwt (“prodotti annuali”) comprendevano prevalentemente i legumi:  fagioli (varietà vigna sinensis nota da noi come “fagiolo dell’occhio”), ceci, fave, lenticchie e piselli, lupini.


Tra le gigliacee a farla da padrone vi erano aglio, porri e cipolle.
L’aglio era più piccolo del nostro e di sapore meno forte.
Tra le cucurbitacee vi erano i meloni e i cetrioli che facevano abitualmente parte delle razioni alimentari fornite ai lavoratori.
Non mancavano le crucifere come il cavolo e il rafano dalla radice carnosa e dal sapore piccante.
Tra le spezie ed erbe si utilizzava il coriandolo, il cumino e il prezzemolo, quest’ultimo noto in quattro diverse varietà il cui uso è attestato solo in farmacopea.
Anche il papiro si mangiava, infatti oltre ad usarne il midollo per produrre i rotoli di papiro per la scrittura, la parte inferiore del gambo e il rizoma, più teneri e nutrienti,  potevano essere consumati.
Altro alimento era il loto, una pianta acquatica perenne (Nelumbo speciosum) appartenente nelle sua varietà “bianca” e rosa”, alla famiglia delle Ninfacee.
Il più comune, il loto bianco, veniva cucinato facendone bollire e/o arrostire il cespo principale; anche i frutti sicarpici derivati dai fiori, una volta abbrustoliti e pestati, servivano per prodotti di pasticceria, di cui erano particolarmente golosi i buongustai egiziani e stranieri.
Altra verdura molto utilizzata era la lattuga i cui cespi raggiungevano grosse dimensioni. Questa era prediletta dagli uomini per le sue pretese virtù afrodisiache e dalle donne perché ritenuta portatrice di fertilità.

Per quanto riguarda la frutta, molti erano gli alberi coltivati in Egitto, tra cui il giuggiolo (Zizyphus spina christi) che veniva consumato fresco, mentre l’estate era la stagione degli alberi di fichi e datteri.
Il fico era apprezzato per la sua capacità di crescita anche in zone povere d’acqua.
Un alto valore nutritivo era riconosciuto ai datteri, frutti prodotti dalla palma da datteri, ricchi di zuccheri e per questo utilizzati spesso come dolcificanti e per la preparazione della birra.

Albero di datteri. Particolare della tomba di Pashedu. XIX Dinastia. Fonte.

Rilevanti erano anche le colture di uva, meli e melograni che, dal Vicino Oriente, furono introdotte in Egitto a partire dalla XVIII dinastia.

La noce di palma dum, benchè commestibile, era prevalentemente usata per la preparazione di farmaci, mentre la noce di cocco, che era un frutto d’importazione, era considerata una vera rarità.

PESCE

Era la migliore fonte di proteine a buon mercato per l’egiziano medio, che non poteva certo permettersi di mangiare carne quotidianamente. Era un alimento importantissimo nell’alimentazione della manodopera e il Nilo era assai pescoso e ricco di specie ittiche diverse: mormiridi, ciprinidi, siluridi, anguillidi, ciclidi, mugilidi e tetraodontidi.

Giardino di Nebamon, particolare. Tomba del funzionario Nebamon. XVIII Dinastia. Fonte.

I sistemi di pesca erano vari, da quello individuale con l’arpione, alla pesca con la lenza, con il paniere e con la vongola. Una squadra di pescatori comportava invece la pesca con la nassa (attestata però solo nell’antico Regno).

Fonte.

Mentre il pesce fresco veniva arrostito o bollito, il pesce non consumato subito, era trattato per la conservazione.
I pesci venivano aperti in tutta la loro lunghezza, puliti, sbuzzati e appesi al sole per il disseccamento. Una volta essiccati erano posti in salamoia dentro delle capienti giare.

E’ da notare che nonostante le numerose rappresentazioni di pesca esistenti, il pesce manca totalmente nelle offerte funerarie.
Con le uova di pesce si produceva anche la bottarga, sorta di caviale realizzato come ai giorni nostri, con uova di muggine salate.

LA CARNE

Con l’affermarsi dell’attività agricola come fonte primaria di sussistenza, l‘attività di caccia divenne lentamente un’attività di svago.

Obiettivo principale di queste battute di caccia era quello di catturare animali vivi da destinare all’allevamento e addomesticamento.
Dalla V dinastia venne introdotto il motivo della caccia individuale, ripreso poi nelle tombe private.
In queste raffigurazioni viene evidenziato il carattere di svago della caccia da parte inizialmente del sovrano e poi esteso alle persone di un certo rango.
In questo contesto l’abilità del cacciatore veniva sottolineata dalla quantità di selvaggina catturata o uccisa.
All’abilità individuale era affiancata la caccia con il boomerang nel canneto, ambiente molto differente da quello paludoso, fitto di vegetazione e soprattutto di uccelli.

Frammento di decorazione della tomba del funzionario Nebamon. XVIII Dinastia. Fonte.

Gli uccelli costituivano una grossa fonte di nutrimento;  non si vede scena di banchetto o tavola imbandita in cui non sia presente qualche uccello.
Si mangiavano piccioni, gru, le oche, anatre gli uccelli acquatici di diverso tipo.
La loro cattura non richiedeva necessariamente un’organizzazione in squadre, a volte bastavano trappole, reti e lacci dal funzionamento molto semplice che non richiedeva un eccessivo numero di persone.
Ma tali trappole permettevano la cattura di pochi esemplari per volta.
Solo verso il Nuovo Regno  si affermò un altro tipo di caccia, quella con la rete esagonale, presente già nell’Antico regno che implicava l’uso di tecniche complesse il cui uso non è ancora del tutto chiaro.
Comunque la caccia con la rete esagonale permetteva la cattura di una notevole quantità di uccelli destinati all’allevamento.
Gli uccelli chiusi in gabbie erano avviati ai luoghi attrezzati per la riproduzione e l’ingrasso.
Questi luoghi comprendevano una casupola in cui venivano preparati i mangimi e pastoni cotti in marmitte e presentati sotto forma di polpettine per l’alimentazione forzata degli uccelli più grossi (come le gru).
Gli animali potevano scorrazzare in uccelliere provviste di uno stagno artificiale adeguatamente drenato. Nelle strutture più importanti vi erano anche annessi dei locali amministrativi di registrazione e alloggi del personale per l’immagazzinamento del mangime.
Nei rilievi funerari le offerte di uccelli sono molto frequenti: portatori e portatrici sono raffigurati mentre recano uccelli trattenuti per le ali o legati per le zampe.
Non mancano scene di preparazione deli uccelli destinati alla cottura:
Venivano spennati, puliti, privati di testa, delle zampe e dell’estremità delle ali.

A sinistra, scena di spiumatura e pulitura dei volatili, a destra scena di cattura dei volatili con rete esagonale. Affresco della tomba di Nakht (Necropoli tebana). Fonte.

Il sistema tipico di cottura era l’arrostimento.
Il cuoco li infilzava su lunghi spiedi e li teneva sopra un braciere.
Ma quando si rendeva necessario conservare il  volatile per un trasporto allora gli veniva riservato lo steso trattamento dei pesci: Gli uccelli venivano aperti essiccati e conservati sotto sale.
A questo riguardo abbiamo la testimonianza di Erodoto che parla dell’abitudine degli egiziani di mangiare crudi i volatili di piccole dimensioni (come le quaglie) dopo averli solo salati.
In pasticceria veniva utilizzato il grasso d’oca che veniva raccolto in piccole giare.

Ma ben più importante era l’allevamento di bovini.
Le scene che descrivono l’operazione di macellazione seguono tutte uno scema piuttosto rigido:
L’animale veniva fatto cadere infilandogli la zampa anteriore sinistra in un nodo scorsoio e tirando l’estremità della corda oltre il dorso fino a fargli perdere l’equilibrio. Una volta a terra i macellai (di solito quattro o cinque) legavano l’animale immobilizzandolo e rovesciandogli all’indietro la testa tenendola per le corna. Era facile a quel punto sgozzare l’animale con un largo coltello.

Frammento di decorazione della tomba di Iti a Gebelein. Primo periodo intermedio. Fonte.

Il primo sangue veniva raccolto in un bacile e annusato: l’odore del sangue era infatti l’elemento determinante per accertare che l’animale fosse sano e idoneo al sacrificio.
La carcassa veniva quindi tagliata secondo una sequenza precisa. Prima di tutto veniva tagliata la zampa anteriore destra, poi la testa , la pelle, il cuore e il resto delle carni, tra cui il filetto, considerato il pezzo migliore e il lombo.
Delle interiora, milza e fegato erano ritenute delle prelibatezze.
Tutta l’operazione era accompagnata da ordini e urla d’incitamento.
Contrariamente a quelle dei volatili, le scene di arrostitura di carne bovine sono rare.
Il metodo più frequente di  cottura era la bollitura.
Una volta bollita la carne poteva essere consumata subito oppure trattata ulteriormente con verdure e aromi e servita sotto forma di pasticcio di carne o di polpette. Probabilmente anche qui veniva utilizzato grasso d’oca o vitello.

La carne di vacca era generalmente evitata sia perchè la femmina era ritenuta preziosa per la produzione del latte, sia per motivi religiosi.
Non si sa con certezza invece dell’uso della carne di maiale e pecora.
Erodoto parla del maiale come un animale considerato impuro per gli egiziani ed infatti durante il Nuovo Regno sono riscontrabili tracce di tabu nei confronti della carne di maiale.
Ciò non toglie che durante il Nuovo Regno  ci fossero allevamenti di maiali in agricoltura per l’affondamento dei semi e che gli operai del villaggio artificiale di Deir el Medina ne facessero uso alimentare.
Le capre invece erano presenti in grandissima quantità nelle liste di offerta regali ai maggiori templi egiziani, ma curiosamente sono rarissime le scene di sacrificio e di preparazione di questi animali.
Altrettanto assenti anche dalle liste sono lepri e conigli che pur spesso compaiono come prede di caccia.

Vi furono tentativi di addomesticamento degli animali più disparati catturati durante le battute di caccia: gru, antilopi e perfino iene fu tentato durante l’Antico regno per venire abbandonato a causa dei ripetuti insuccessi.

DOLCI

Alla pasta di pane potevano essere aggiunti ingredienti dolcificanti come il miele, i datteri le carrube e l‘uva passa. Per i bambini non mancavano i dolci a forma di bambola a pupazzo.
La cottura avveniva in forno mediante forme preriscaldate.
Alcune scene di pasticceria come quella della “panetteria reale” di  Ramesse III a Tebe, presentano dei dolci a spirale, che venivano fritti in large padelle cole d’olio, sostenute da tripodi.
In epoca greco- romana i dolci erano arricchiti anche con sesamo, anice e pezzetti di frutta.
Specialità alessandrina era un dolce contenente semi aromatici tritati, cotto nel miele e servito appallottolato nel papiro.

Tutti i miei articoli sono frutto di faticose ricerche e studio, siete liberi di utilizzare queste mie informazioni a scopo divulgativo, a patto che citiate il mio blog. 

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BIBLIOGRAFIA
Edda Bresciani. “Letteratura e poesia dell’antico Egitto” . Einaudi Tascabili
Museo Egizio di Torino. “Civiltà degli Egizi, la vita quotidiana”. Istituto Bancario San paolo di Torino.
Alessandro”, Il Saggiatore, Maria Luisa Migliari, Alida Azzola, “Storia della gastronomia”, Edipem

 

 

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