COME ERA NAPOLEONE BONAPARTE DA PICCOLO?
Ciao Domini, benvenuti in questo nuovo post.
Vi siete mai chiesti come erano i grandi personaggi della Storia da piccoli?
Io molto spesso, che ci volete fare, adoro scavare nell’inconscio profondo dei personaggi storici.
Studiando la vita di Napoleone Bonaparte, mi sono imbattuta in un piccolo bambinetto, dal caratterino decisamente testardo e iracondo.
In questo post mi soffermerò sul piccolo Napoleone di nove anni.
Ovvero fino al momento in cui venne spedito alla scuola militare di Brienne, in Francia, per diventare soldato.
NAPOLEONE BONAPARTE
(Ajaccio, 15 agosto 1769– Longwood, Isola di Sant’Elena, 5 maggio 1821)
Segno zodiacale: Leone
Il piccolo Napoleone nasce, come gli altri sette fratelli, in Corsica.
E’ il secondo degli 8 figli di Letizia Ramolino e Carlo Bonaparte.
Sua madre Letizia lo chiamò Napoleone.
Le nonne Ramolino e Buonaparte lo chiamavano Nabulio, ma anche Nabulione, che in lingua corsa vuol dire anche “ficcanaso”.
Letizia lo chiamava Napolione.
Dal momento che era nato il giorno della Madonna Assunta (il 15 agosto), cioè a Ferragosto, Letizia dedicò suo figlio alla Vergine Maria.
Secondo l’usanza, aveva nascosto nelle sue fasce un rametto di corallo rosso contro il malocchio e la sfortuna, una foglia d’olivo Benedetto la domenica delle Palme e una smoccolatura di candela presa dentro una chiesa, per invocare la benedizione del cielo.
IL CARATTERE DEL PICCOLO NAPOLEONE
Se il fratello maggiore Giuseppe, era docile, gentile e accondiscendente, bè il piccolo Napolione era decisamente l’opposto..
Sua madre Letizia diceva di lui:
“Di tutti i miei figli, Napoleone, fin dai suoi primi anni, è stato il più testardo. Ricordo che, per dare sfogo alla loro straordinaria energia, dovevo togliere tutti i mobili da una grande stanza, dove, quando era il momento dei giochi, o era brutto tempo, i bambini potevano divertirsi come vedevano adatto. Jerome (Girolamo il figlio minore) e gli altri tre passavano il tempo saltando o disegnando pupazzi sul muro. Napoleone, per il quale avevo portato un tamburo e una spada di legno, giocava solo con soldati dipinti, sempre disposti in formazione di battaglia.
Fin da piccolo dimostrò una particolare predisposizione per lo studio dei numeri, al punto che alcune monache e beghine gli diedero il soprannome di ‘matematico’ e gli offrivano sempre dei dolci bolliti. “
Quando era un po’ più grande, la madre lo portava a scuola dei Gesuiti e gli dava un pezzo di pane bianco per pranzo.
Un giorno la informarono che Napoleone era stato visto per strada, e non una sola volta, mangiare il cibo dei soldati, cosa non adatta a un bambino del suo rango e del suo status.
Letizia lo rimproverò severamente, ma lui rispose dicendo che ogni mattina scambiava il suo pezzo di pane con quello dei soldati perché, visto che anche lui doveva diventare soldato, era giusto abituarsi a mangiare quel pane e che comunque lo preferiva al pane bianco.
All’età di otto anni sviluppò una tale passione per i compiti scolastici, e in particolare per l’aritmetica, che dovettero costruirgli una specie di casetta, sul terrazzo di casa, nella quale si ritirava tutto il giorno per non essere disturbato dai suoi fratelli.
Solo la sera usciva, un attimo, e vagava distrattamente per le strade, tutto scarmigliato e sporco, dimenticandosi sempre di tirarsi su le calze.
Continua Letizia:
“Un giorno, quando Napoleone aveva ancora otto anni (era giorno festivo, il 5 maggio), il nostro amministratore della tenuta era arrivato in città con due cavalli giovani e robusti. Napoleone attese l’ora di partire, montò lui stesso su uno dei due cavalli e, come un giovane Alessandro Magno, partì al galoppo tenendo sempre testa al fattore, che tremava di paura e supplicava Napoleone di fermarsi. Napoleone continuò così finché arrivò a destinazione, e smontò da cavallo, ridendo della paura del fattore.
Prima di partire osservò attentamente il meccanismo di un mulino ad acqua, allora in movimento; andò a vedere quanta acqua era necessaria per far funzionare il mulino, e chiese al contadino quanta farina di grano veniva prodotta in un’ora. Napoleone annotò tutto e subito dopo osservò che il mulino macinava tot farina in un giorno e tot farina in una settimana. Il direttore rimase scioccato dall’esattezza del calcolo e al ritorno in città con Napoleone mi disse che, se Dio avesse concesso una lunga vita al ragazzino, sicuramente non avrebbe mancato di diventare il più grande uomo.”
Napoleone era furbo, prepotente e violento.
Se non obbediva, graffiava e mordeva il fratello maggiore.
Se non riusciva a farsi dare qualche soldo, faceva dispetti tremendi allo zio Arcidiacono.
Era affascinato dalle divise bianche e blu dei soldati francesi, li seguiva mentre andavano a fare le manovre di montagna in montagna.
Suo padre Carlo, gli aveva regalato un tamburo di latta e una spada di legno.
Le nonne Bonaparte e Fesch , che Napoleone chiamava “mananas”, lo ingozzavano di dolci.
Mangiava in fretta, senza masticare e senza interrompere il gioco o lo studio.
L’abate Recco gli aveva insegnato a leggere e a scrivere.
Era taciturno, malinconico, ombroso.
Senza avvertire Letizia andava a piedi dall’altra parte della città per mangiare le polpette della sua balia Camilla Ilari. Tornava che era buio, lei lo aspettava in cima alle scale, e lo schiaffeggiava e sculacciava fino a intorpidirsi le mani.
A Letizia aveva sempre sorpreso la totale indifferenza del piccolo Napolione al dolore, la sua capacità di trattenere le lacrime e l’incredibile cocciutaggine con cui tornava a fare quello che voleva.
Soltanto l’ira era più forte di lui: si rotolava per terra, li schiumava la bocca, vomitava, e qualche volta sveniva.
All’inizio degli studi era stato il figlio che le aveva dato meno speranze.
Passò Infatti molto tempo prima di ottenere qualche successo e quando conquistò finalmente un bel voto, andò a casa correndo, ansante e sudato, le mostro il quaderno, lo posò su una sedia, come un domatore mise sopra il sedere.
Aveva sempre sofferto, se non era il migliore di tutti.
Alla fine quella vita tranquilla e spensierata in Corsica terminò, perchè il padre Carlo riuscì a far ammettere il figlioletto Napoleone al collegio militare di Brienne con una borsa di studio di 2000 franchi francesi.
E fu così che Napoleone a soli nove anni, gracile piccolino con una testa di capelli neri enormi arruffata, lasciò la Corsica per andare in Francia a studiare.
Ma della (brutta) esperienza di Napoleone a scuola ne parleremo in un prossimo post…
Se vi interessa ho dedicato un’intera trilogia sulla madre di Napoleone, Letizia Ramolino e i Bonaparte qui⬇️
Bibliografia:
Edgarda Ferri, Letizia Bonaparte, Milano, Arnoldo Mondatori Editore, 2003, 318 pp.
Max Gallo, Napoleone la voce del destino, Milano, Arnoldo Mondatori Editore, 2000, 449 pp.
Max Gallo, I cieli dell’Impero, Milano, Arnoldo Mondatori Editore, 2000, 510 pp.
Sitografia:
http://www.napoleonbonaparte.eu/
https://fr.wikipedia.org/wiki/Liste_des_chevaux_de_Napol%C3%A9on_Ier
https://fr.wikipedia.org/wiki/Main_dans_le_gilet