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CHE COSA MANGIAVANO GLI ANTICHI EGIZIANI?

Ciao Domini! 

Oggi proseguiamo il nostro viaggio nella storia del cibo!

Stavolta ci addentreremo in una delle epoche più affascinanti e misteriose dell’umanità: L’Antico Egitto!

antico egitto

La dieta di ogni popolazione dipende moltissimo dalle caratteristiche climatiche del luogo in cui questa vive, essendo essenzialmente carne nelle zone fredde e per lo più vegetariana in quelle calde, come appunto l’Egitto.

QUANDO CI TROVIAMO?

Tanto per darvi una minima idea del periodo, vi basti sapere che la storia dell’Antico Egitto copre circa 4000 anni.

 Dal 3900 a.C. (Periodo Predinastico) al 342 a.C. (Periodo tardo) e comprende ben trenta dinastie regnanti riconosciute archeo-storicamente.

Benché il primato di cucina più antica del mondo appartenga ai mesopotamici, il secondo posto spetta certamente alla cucina antico egiziana.

Contrariamente a quella mesopotamica, le cui fonti riguardanti l’alimentazione sono piuttosto scarse, per quella egiziana le fonti sono decisamente più numerose.

Oltre che dalle innumerevoli citazioni dei testi letterari egiziani, e qualche ritrovamento archeologico, possiamo dedurre l’uso di determinati alimenti grazie alla documentazione figurativa.

Le tombe degli antichi faraoni e nobili egiziani sono piene di scene di lavori agricoli, ortocultura, arboricoltura, allevamento, caccia e pesca ecc. e di attività di trasformazione dei prodotti primari (scene di panificazione, birrificazione, vinificazione ecc).


Altra buona fonte di informazioni sono i papiri e gli ostraca (pezzi di coccio) ieriatici del villaggio di Deir el Medina.

In generale, era opinione corrente nel mondo classico che gli egiziani fossero ben nutriti. 

Erodoto (484 a.c-430 a.c) ad esempio, nel descrivere le abitudini alimentari egiziane, parla di pasti abbondanti e variati.
Basta inoltre osservare una qualunque mappa dell’Egitto, per capire che la popolazione egiziana si trovava a vivere in una regione straordinariamente arida, priva di vasti pascoli e folta vegetazione e quindi non stupisce che le varie fasi dell’attività agricola, rimasero pressochè invariate durante tutto il corso della storia egiziana.

Fonte.

Ciò si deve al fatto che l‘agricoltura dipende interamente dallo straripamento del Nilo che si verificava ogni anno nei mesi estivi da giugno a settembre e che lasciava sul terreno uno strato di fertile limo.
Quindi la sopravvivenza dello Stato egiziano dipendeva totalmente da un fenomeno naturale trascendente la volontà dell’uomo.

Ok, fatta questa dovuta premessa, vediamo quali sono gli alimenti consumati dagli antichi egiziani!

CEREALI

I semi dei cereali hanno sempre e ovunque rappresentato la base dell’alimentazione umana perché contengono, anche se in porzioni diverse, tutti gli elementi di cui essa ha bisogno: amido, carboidrati, grassi, vitamine, proteine, enzimi e sali minerali.

Alimento base già dall’epoca predinastica, i cereali erano molto importanti per gli egizi, come in tutte le culture, da essi gli egiziani ricavavano pane e birra, cioè i due alimenti che, insieme con le verdure con la frutta, erano la base della loro dieta.

I cereali inoltre costituivano la paga essenziale per gli operai dello Stato.

 I ritrovamenti archeologici testimoniano la presenza di orzo (Hordem sativum vulgare) con ben due specie l’orzo Del Basso Egitto e l’orzo dell’Alto Egitto.

Il  farro (triticum dicoccum) fu il più coltivato dal Nuovo Regno in poi per il suo alto contenuto di glutine e quindi per la sua particolare attitudine alla panificazione.

Ultimo cereale che diventerà il più importante in Egitto è il frumento (genere triticum).

 

Da sinistra: frumento, orzo e farro

Le spighe venivano raccolte e battute sull’aia dinanzi alle case coloniche, questo permetteva una prima separazione dei chicchi dalla spiga, separazione che nel Nuovo regno venne facilitata dall’uso di una pertica girevole a cui venivano collegati buoi o asini. In questo modo bastava una sola persona a sorvegliare l’intera operazione.

Il grano veniva pulito e accuratamente misurato  sotto il controllo dei funzionari e scribi per poi essere immagazzinato nei granai.
Non esistendo il denaro, i cereali potevano diventare moneta di scambio in varie circostanze nella vita del paese.
A gestire i lavori e i processi di controllo e produzione agricola era l’Amministrazione centrale, che si preoccupava di regolare i raccolti, di fissare le relative tassazioni, di raccogliere le imposte in natura, di trasportare il grano ai granai e di ridistribuirlo infine tra i servizi

L’orzo, il farro insieme con il lino, usato essenzialmente per le sue fibre, ma da cui semi si ricava anche l’olio, hanno rappresentato per tutta la storia dell’Egitto faraonico i prodotti agricoli fondamentali strettamente strettamente connessi con le inondazioni del Nilo e perciò furono destinate alla loro coltivazione delle enormi superfici di terra divisi in ordinati i campi rettangolari.

La zona cerealicola più importante, fu sempre quella del Fayum irrigato dalle acque del lago Moeris (oggi lago Qarun)  che rese l‘Egitto il più importante produttore ed esportatore di cereali.

Zona del Fayum
Il lago Qarun oggi.

 COME SI COLTIVAVANO I CEREALI?

Dopo che il Nilo si ritirava lasciando il limo fertile, i cereali venivano seminati a spaglio (tecnica che consiste nel lanciare i semi direttamente sul terreno per poi interrarli con l’aiuto di un rastrello), poi venivano interrati nel fango facendoli calpestare da maiali, pecore o capre.

Una volta cresciuti i cereali venivano mietuti appena giunti a maturazione, staccando le sole spighe che venivano trasportate in ceste, mentre la paglia, usata come combustibile, per fabbricare mattoni o come foraggio, si raccoglieva in un secondo tempo.

La trebbiatura (cioè l’attività conclusiva del raccolto, eseguita dopo la mietitura consistente nella separazione della granella del cereale dalla paglia e dalla pula)

 

Raccolta dei cereali. Fonte immagine.

Avveniva nei cortili delle case coloniche ed era eseguita abbattendo i mucchi di spighe con una coppia di bastoni legati fra loro (il cosiddetto correggiato), o facendogli calpestare da animali, per lo più asini, mentre la separazione delle cariossidi dalle glume era ottenuta tramite ventilazione.

Correggiato

 

Dopodiché i cereali venivano conservati nei silos. 

Ricostruzione della lavorazione dei cereali in Assassin’s Creed® Origins

I cereali oltre per  produrre il pane, venivano utilizzati anche per la preparazione di zuppe e birra.

VERDURE

La dieta del popolo egiziano fu essenzialmente vegetariana in quanto composta dal pane e dalla birra ai quali venivano aggiunti ortaggi e verdure crude o conservate, minestre oppure polente di cereali o di legumi, frutta fresca o secca, pochi latticini a pochi uova e, l’occasione, qualche uccello o qualche pesce.

Come ortaggi in generale abbiamo le cipolla e aglio, entrambe tali varietà antiche erano più piccole e più dolci di quelle moderne.

Mangiavano anche moltissimo porro. L’importanza del porro è dimostrata dal fatto che il suo nome veniva spesso usato per intendere gli ortaggi in generale.

Come legumi si mangiavano moltissimo le fave in particolare due varietà che utilizzate ancora nell’Egitto moderno ovvero il full nabeb o (fava scura) e medames (o fava chiara).

E ancora fagioli (varietà vigna sinensis nota da noi come “fagiolo dall’occhio”), ceci, il cui nome egiziano significa “teste di falco” per il beccuccio dei loro semi, fave, lenticchie e piselli, lupini.

Fagioli dall’occhio, varietà già esistente prima della scoperta dell’America

Come cucurbitacee mangiavano meloni e cocomeri, la varietà di zucca verde del tipo zucca bottiglia (non quella arancione che arriverà dopo colombo), il cetriolo e cetriolini.

Zucca bottiglia (Lagenaria siceraria)

Mangiavano anche il ravanello, più dolce della varietà moderna, il crescione e il cavolo.

Molto importante era la lattuga, (lactuca sativa) presente nelle offerte funerarie e in quelle dedicate a Min, il dio itifallico dell’Agricoltura e della fertilità, dall’altro che infatti era ritenuta una afrodisiaco, perché il latte c’è bianco contenuta in essa evocava il seme maschile.

Il dio Min

Questa pianta dai semi oleosi è raffigurata con lunghe, lussureggianti foglie verdi.

Diverse raffigurazioni di piante di lattuga, dall’arte funeraria egiziana

Una verdura molto apprezzata era la melokhiya (corchorus olitorius)

Pianta di melokhiya

Di questa pianta sappiamo che foglie, germogli e bulbi venivano utilizzati sia freschi sia secchi, come si continua a fare ancora oggi in tutto il Vicino Oriente.

Nell’Egitto odierno, la minestra di melokhiya dalla consistenza gelatinosa è considerata una preziosa eredità culinaria dei Faraoni, sebbene oggi costituisca un pranzo molto comune.

Sotto un piatto di molokhia in stile siriano.

Si mangiava anche la cicoria, la portulaca (portulaca oleracea), le cui foglie carnose dal sapore acidulo erano consumate sia crude che cotte.

Portulaca

Forse era presente anche il carciofo, ma di una varietà più simile al cardo selvatico.

Oltre ai vegetali coltivati negli orti, se ne utilizzavano altri che venivano raccolti allo stato selvatico fra questi il più importante è certamente il papiro (cyperus papyrus) pianta lacustre dagli usi molteplici. 

Pianta di papiro

Il papiro infatti oltre a essere utilizzato per preparare il ben noto materiale scrittorio, ovvero i rotoli di papiro, per costruire barche leggere con fasci dei suoi fusti, per fornire delle fibre da intrecciare in stuoie ed a tessere vele, per fare le calzature e le corde, costituiva anche un ottimo piatto.

Erodoto (V secolo a.c) ci dice che la parte bassa del fusto veniva mangiata dopo averla immersa in un tegame rovente e Teofrasto (IV/III secolo a.c ) aggiunge che gli egizi masticavano il papiro, crudo, bollito o arrosto succhiando nel fusto e sputando la fibra, proprio come fanno ancora oggi con la canna da zucchero. 

Altre piante particolari che si mangiavano erano le ninfee (nymphaea lotus).

Simbolo di morte e di resurrezione, perché chiudono il loro fiore la notte per rapirlo al sorgere del sole, e pianta sacra emersa dal Nun, nel cui bocciolo si pensava fosse nato Atum, il Demiurgo. 

Ninfea

Il suo fiore dal profumo dolce intenso che se aspirato è leggermente allucinogeno, compare figure fin dall’Antico Regno ed era utilizzato sia per decorare i banchetti degli Dei, dei defunti e dei viventi, sia per mangiare il suo rizoma dopo averlo privato della pelle scura e bollito, perché è tossico se è crudo.

Un’altra pianta simile molto apprezzata era quella del loto rosa (nelumbium nucifera)

Loto rosa
Fiore di Loto

Introdotto nel corso del Nuovo Regno, si utilizzavano i semi, grandi come i noccioli delle olive e situati nei fori a nido di vespa che si trovano all’interno di una capsula conica (dopo che il fiore è sfiorito). Tali semi erano mangiati crudi oppure, ridotti in farina, servivano per fare un pane al latte che Plinio (I secolo ) definisce leggero e digeribile.

Pianta del loto con i semi
semi di loto

Credo che si mangiasse anche il rizoma, perché in Cina e in Asia in generale, si mangia ancora oggi.

I GRASSI E GLI OLI 

Oltre ai grassi animali, costituiti soprattutto da quelli della pecora, dell’anatra, dell‘oca, ma anche del maiale, e dal burro sempre chiarificato per migliorare la conservazione, gli egizi usarono vari tipi di olii, non solo per la cucina e la conservazione dei certi cibi, ma anche come medicinali, per la profumeria per la preparazione “dei sette Oli Santi” e per l’illuminazione, dal momento che, pur avendo la cera, le candele non erano ancora state inventate.

Dai tempi dell’Antico regno in poi, l’olio più pregiato e più richiesto, fu quello proveniente dalla spremitura dei semi nociformi del grande albero indigeno chiamato moringa (moringa arabica) un tempo comunissimo ma oggi raro.

Semi di moringa

Si tratta del celebre olio baq, un liquido giallognolo, dolciastro inodore che ha il grande pregio di mantenersi senza irrancidire, il cui consumo crebbe fino a superare la sua produzione tanto che, nel corso del Nuovo Regno, dovette essere importato dalla Siria.

Noto anche come olio dolce, esso è presente nelle offerte funerarie di tutte le epoche.

Dalle drupe (frutti) grandi come un fico dette “datteri del deserto”, della balanite (balanites aegyptiaca) un arbusto indigeno perenne e spinoso, si ricavava fin dai tempi predinastici un olio pregiato e piacevolmente odoroso mentre le loro bucce, pestate, servivano per la profumeria. 

balanite con i suoi frutti

Un altro tipo di olio era prodotto dal lino (linum usitatissimum), coltivazione antichissima di importanza fondamentale per l’agricoltura. Mentre però le piante destinate alla Fibra venivano colte ancora verdi, quelle da olio erano lasciate seccare per ricavare i semi maturi da spremere. Utilizzato in cucina e solo più tardi per l’illuminazione.

Piante di lino in piena fioritura

Dal nuovo Regno in poi venne in uso il sesamo, I cui semi potevano essere usati per condire il pane o farne un condimento simile alla comunissima tahina, mentre l’olio ricavato dai suoi semi essendo nutriente, lassativo ed emolliente, oltre che per la cucina, era usato anche per unguenti anti emorroidali.

L‘olio d’oliva invece era molto raro, perché l’albero d’ulivo cresceva difficilmente in Egitto.

Quindi veniva importato in genere dalle regioni dell’Egeo e della Palestina.

Antichissimo invece fu l’uso dell’olio di ricino, il ricino è una pianta indigena perenne a foglie palmate che può raggiungere una considerevole altezza e che veniva piantata presso le case per la sua caratteristica di allontanare le zanzare.

Pianta di ricino

I suoi frutti sono fortemente tossici ma con una spremitura a freddo tuttavia, tali veleni non passano nell’olio (noto in inglese come castor oil) che, essendo purgativo ed emolliente, ebbe un impiego specifico della farmacopea. le fonti classiche affermano che l’olio di ricino serviva soprattutto per alimentare le lampade e ungere il corpo, essendo però il meno costoso tra tutti, sembra che i più poveri lo abbiano utilizzato anche in cucina, nonostante il suo sapore spiacevole al nostro palato.

Semi di ricino

Questi sono gli oli più comuni, ma ne avevano molti altri, ad esempio utilizzavano anche gli oli ottenuti per spremitura dai semi di piante il cui impiego primario era diverso come ad esempio la lattuga, il  ravanello, il càrtamo tintorio, Il papavero da oppio eccetera.

LA FRUTTA

La frutta era molto apprezzata Anche perché piuttosto ridotta.

Importantissima fin dalla più lontana preistoria si mantiene sempre la palma da datteri (Phoenix dactylifera).

Palma da datteri

La palma da datteri forniva non solo i datteri, ottimi frutti anche conservabili, ma anche fibre per stuoie e cordami, legno, seppur di qualità scadente, e una linfa dalla quale otteneva una apprezzata bevanda alcolica.

Molto nota era anche la palma dum (hyphaene thebana), pianta oggi piuttosto rara  in Egitto e comunque facilmente distinguibile della palma da datteri perché ha un tronco biforcuto con grappoli di frutti duri e fibrosi della grandezza di una piccola mela, la cui polpa, che sembra un avorio vegetale, contiene nel suo interno un sugo dolce.

palma dum

Frutto palma dum

Comunissima era anche la palma argun (medenia argun), simile alla Dum ma dal tronco unico e i cui frutti, della grandezza di una prugna, hanno la pelle rosso scura e la polpa gialla.

palma argun
Frutto della palma argun

Altro altro albero importante era il Sicòmoro (ficus sycomorus) albero indigeno considerato sacro alla dea Hathor, dalle foglie ovali e dai rami indipendenti sui quali crescono, in coppia, dei frutti che, per poter essere mangiati vanno incisi con uno strumento acuminato tre o quattro giorni prima della raccolta.

Sicomoro
Frutti del sicomoro

Questa pianta dal tronco possente, con frutti di sapori dolci un po’ astringenti, più piccoli e più gialli dei fichi ma molto simili  a essi.

Ma il frutto che ebbe massima considerazione era il fico (ficus carica), probabilmente introdotto durante il periodo predinastico, esso produce dei frutti dolcissimi (ma in realtà sono i suoi fiori femminili detti siconi) che venivano consumati freschi o secchi, erano utilizzati come dolcificante e servivano per la preparazione di un vino fortemente alcolico. 

La forma del Fico, simile a una mammella di Iside, la nutritrice per eccellenza, gli conferì anche un significato religioso che si incontra in alcuni testi.

Come dolcificante veniva usato anche il Carrubo, un albero indigeno sempreverde con foglie ovali e appaiate che produce dei baccelli scuri con semi ovali durissimi e aventi una polpa interna giallognola, farinosa e densa, tanto zuccherina che il suo geroglifico venne a rappresentare il concetto stesso della dolcezza.

Carrubo con frutti

Questi baccelli di carrubo ricchi di proteine di amido, venivano mangiati crudi, cotti come marmellata o macinati producendo una farina dal sapore simile a quello del cacao (che allora ovviamente era ignoto).

baccelli di carrubo

Altro albero che produce delle truppe dal colore rosso scuro grandi poco più di un’ oliva era Il giuggiolo, mangiato come frutto.

Giuggiolo

Altra pianta era la persea (mimusops laurifolia) considerata sacra a Iside, sulle cui foglie, ovali aventi la forma di un “cartiglio”, si pensava che il dio Thot scrivesse i nomi dei re.

I suoi frutti gialli, dalla grandezza di una prugna, ma appuntiti come una pera e dolci come una mela, hanno un nocciolo interno e sono stati trovati in tomba della III dinastia in poi.

Tali frutti venivano mangiati freschi oppure erano seccati e ridotti in farina per fare dei dolci da forno.

Frutti della persea

Gli unici prodotti simili a noci provenivano dal cìpero (cyperus esculentus) hanno un sapore una struttura simile a quella del cocco, venivano mangiati crudi o cotti oppure erano ridotti in farina per ricavare dei dolci triangolari. 

Noi li chiamiamo ciperi o “mandorle di terra” e gli inglesi “tigernuts”.

Cipero

Di origine palestinese è invece il melograno importato nel corso del II periodo intermedio, anche il melo probabilmente fu introdotto dalla Palestina.

Per quanto riguarda l’uva (vite viniferas) veniva utilizzata tanto fresca quanto secca, o semplicemente spremuta lasciata evaporare rendendolo densa come uno sciroppo, oppure facendolo fermentare come vino

Veniva consumata ma era molto rara.

La viticoltura era praticata soprattutto nel Delta, del Fayum e nelle Oasi del deserto occidentale, ma le cure richieste, e soprattutto la necessità di continui irrigazioni, la rendevano una coltivazione che solo le classi più agiate potevano permettersi. 

Il vino quindi rappresenterà sempre una bevanda di lusso e non riuscirà mai a soppiantare la comunissima birra casalinga.

LE “DROGHE

Ebbene si, gli Antichi Egizi, utilizzavano alcune piante appositamente per questi scopi.

Abbiamo citato la Ninfea come pianta commestibile, utilizzata anche nella sua funzione di droga per il suo effetto leggermente allucinogeno prodotto dal profumo del suo fiore.

Con la stessa funzione era usato il frutto della Mandragola.

frutto della Mandragola

La buccia del frutto della mandragora è leggermente tossica perchè contiene dell’ atropina  e ha una modesta proprietà allucinogena che era ben nota agli egizi i quali, secondo quanto appare dalle scene conviviali, a fine pasto si passavano questo frutto per odorarlo, così come noi fumiamo le nostre sigarette.

Mentre come vera e propria droga in Egitto si usava il papavero sonnifero (papaver somniferum), pianta annuale con foglie dentate  e bei fiori rosa e rossi, i cui semi sono oleosi, e il cui lattice è l’oppio.

papavero sonnifero

Altra pianta con meno narcotico era il rosolaccio il (papaver rhoeas)

rosolaccio

Altre spezie, utilizzate come droghe a scopo anche farmaceutico erano il giusquiamo  (hyoscyamus niger) 

giusquiamo  

La belladonna (atropa belladonna)

fiore e bacca di belladonna

e la dulcamara (solanum dulcamara)

dulcamara

La canapa invece, pur essendo utilizzata per fare corde e preparare farmaci non era usata come droga.

LA CARNE

Le carni più apprezzate erano quelle dei bovini: del bue, del vitello ma anche del toro.

La carne di vacca invece era generalmente evitata, sia perchè la femmina era ritenuta preziosa per la produzione del latte (prodotto necessario ma ai tempi piuttosto scarso) sia per motivi religiosi.

La vacca infatti era l’animale sacro alla dea Hathor e rappresentava inoltre la “Vacca celeste” Mehetueret, adorata come dea cosmica della rinascita che emerse dall’oceano primigenio del Nun, portando il disco solare tra le sue corna.

Statua di Amenofi II in piedi fra le zampe anteriori di Hathor e chino mentre succhia il latte della dea

Sappiamo anche che la castrazione era praticata fin dai tempi più remoti per ottenere carni più teneri e più grasse. 

LE RAZZE DI BOVINI

Le razze di bovini che appaiono in innumerevoli rappresentazioni sono:

Il Bos indicus, un bovino di grossa taglia e con le corna a forma di lira che esiste ancora oggi.

Bos indicus

E il bos brachyceros, un bovino di piccola taglia e con corna più piccole.

che non ho trovato.

Le parti scelte di questi animali erano: le zampe anteriori, le cosce, le costolette, pezzi di carne con osso o senza testa, questa però solo nei casi del vitello.

Quanto alle interiora si utilizzavano: il fegato, i rognoni, la milza e il sangue mentre venivano rimossi il cuore, i polmoni e gli intestini.

Ma in realtà il consumo di carne bovina così, come il consumo di carne in generale, e di latticini, non era così elevato .

I documenti che ci attestano il loro consumo provengono essenzialmente da documenti Templari e funerali di nobili quindi probabilmente, almeno I bovini non venivano consumati dalle classi povere.

Anche perché ci troviamo in un paese con un clima tremendamente caldo ed era difficile mantenere le carni e le interiora fresche a lungo. Inoltre la macellazione di un bue era possibile solo a chi possedeva una notevole ricchezza, come i complessi Templari o le persone particolarmente benestanti.

Contrariamente a quelle dei volatili, le scene di arrostitura di carne bovina sono rare.

Il metodo più frequente di cottura era la bollitura.

Una volta bollita la carne poteva essere consumata subito oppure trattata ulteriormente con verdure e aromi e servita sotto forma di pasticcio di carne o di polpette. Probabilmente anche qui veniva utilizzato grasso d’oca o vitello.

ALTRI ANIMALI 

I ceti più elevati, come i nobili e gli alti funzionari, potevano permettersi di allevare nei propri possedimenti, oltre ai bovini, anche le pecore e le capre, animali n che fornivano soprattutto carne e latte, visto che la lana era usata pochissimo rispetto al lino.

Le razze allevate erano la pecora selvatica : ammotragus tragelaphus

ammotragus tragelaphus

Il muflone asiatico (ovis orientalis

ovis orientalis

E il montone di Khnum (ovis longipes), una pecora selvatica estinta che si trovava nell’Antico Egitto meridionale e nella Nubia con corna a spirale che uscivano dai lati del cranio che ha ispirato probabilmente il dio Khnum.

Dio Khnum

Le capre erano presenti in grandissima quantità nelle liste di offerta regali ai maggiori templi egiziani, ma curiosamente sono rarissime le scene di sacrificio e di preparazione di questi animali.

Altrettanto assenti anche dalle liste sono lepri e conigli che pur spesso compaiono come prede di caccia.

GLI ANTICHI EGIZI MANGIAVANO IL MAIALE?

Non si sa con certezza.

Erodoto parla del maiale come un animale considerato impuro per gli egiziani ed infatti durante il Nuovo Regno sono riscontrabili tracce di tabù nei confronti della carne di maiale.

Ciò non toglie che durante il Nuovo Regno ci fossero allevamenti di maiali utilizzati in agricoltura per l’affondamento dei semi e che gli operai del villaggio artificiale di Deir el Medina di altri villaggi, ne facessero uso alimentare.

LA MACELLAZIONE

Sappiamo anche come venivano macellati questi animali.

Le scene che descrivono l’operazione di macellazione seguono tutte uno schema piuttosto rigido:

L’animale veniva fatto cadere infilandogli la zampa anteriore sinistra in un nodo scorsoio e tirando l’estremità della corda oltre il dorso fino a fargli perdere l’equilibrio. Una volta a terra i macellai (di solito quattro o cinque dipendeva dalla dimensione) legavano l’animale immobilizzandolo e rovesciandogli all’indietro la testa tenendola per le corna. 

A quel punto gli si recideva la vena giugulare con un largo coltello.

Frammento di decorazione della tomba di Iti a Gebelein. Primo periodo intermedio. Fonte

.Questo metodo è ancora in uso oggi nelle macellazioni rituali perché molto veloce, meno doloroso possibile e adatto a liberare la carne dal sangue, che nei paesi caldi, la deteriorerebbe in poco tempo

Il primo sangue veniva raccolto in un bacile e annusato: l’odore del sangue era infatti l’elemento determinante per accertare che l’animale fosse sano e idoneo al sacrificio.

La carcassa veniva quindi tagliata secondo una sequenza precisa. Prima di tutto veniva tagliata la zampa anteriore destra, poi la testa, la pelle, il cuore e il resto delle carni, tra cui il filetto, considerato il pezzo migliore e il lombo.

Delle interiora, milza e fegato erano ritenute delle prelibatezze.

Tutta l’operazione era accompagnata da ordini e urla d’incitamento.

Una parte dell’animale si usava per essere cotta e consumata subito, mentre le altre venivano conservate tramite essiccazione e salatura.

LE IENE

Vi furono tentativi di addomesticamento degli animali più disparati catturati durante le battute di caccia: gru, antilopi e perfino iene (animali carnivori!) fu tentato durante l’Antico regno per venire abbandonato a causa dei ripetuti insuccessi.

Sulle Iene in particolare ci sono delle rappresentazioni dove appare tenuta al guinzaglio come un cane mentre in alto è sottoposta all’ingresso forzato, forse con lo scopo di mangiarla.

Nutrizione forzata di una iena

UCCELLI

Gli uccelli costituivano una grossa fonte di nutrimento; non si vede scena di banchetto o tavola imbandita in cui non sia presente qualche uccello.

Si mangiavano piccioni, gru, le oche, anatre e gli uccelli acquatici di diverso tipo.

La loro cattura non richiedeva necessariamente un’organizzazione in squadre, a volte bastavano trappole, reti e lacci dal funzionamento molto semplice che non richiedeva un eccessivo numero di persone.

Ma tali trappole permettevano la cattura di pochi esemplari per volta.

Solo verso il Nuovo Regno si affermò un altro tipo di caccia, quella con la rete esagonale, presente già nell’Antico Regno che implicava l’uso di tecniche complesse il cui uso non è ancora del tutto chiaro.

Comunque la caccia con la rete esagonale permetteva la cattura di una notevole quantità di uccelli destinati all’allevamento.

Gli uccelli chiusi in gabbie erano avviati ai luoghi attrezzati per la riproduzione e l’ingrasso.

Questi luoghi comprendevano una casupola in cui venivano preparati i mangimi e pastoni cotti in marmitte e presentati sotto forma di polpettine per l’alimentazione forzata degli uccelli più grossi (come le gru).

Gli animali potevano scorrazzare in uccelliere provviste di uno stagno artificiale adeguatamente drenato. Nelle strutture più importanti vi erano anche annessi dei locali amministrativi di registrazione e alloggi del personale per l’immagazzinamento del mangime.

Nei rilievi funerari le offerte di uccelli sono molto frequenti: portatori e portatrici sono raffigurati mentre recano uccelli trattenuti per le ali o legati per le zampe.

Non mancano scene di preparazione degli uccelli destinati alla cottura:

Venivano spennati, puliti, privati di testa, delle zampe e dell’estremità delle ali.

A sinistra, scena di spiumatura e pulitura dei volatili, a destra scena di cattura dei volatili con rete esagonale. Affresco della tomba di Nakht (Necropoli tebana). Fonte

Il sistema tipico di cottura era l’arrostimento.

Il cuoco li infilzava su lunghi spiedi e li teneva sopra un braciere.

Uccelli arrostiti

Ma quando si rendeva necessario conservare il  volatile per un trasporto allora gli veniva riservato lo stesso trattamento dei pesci: 

gli uccelli venivano aperti essiccati e conservati sotto sale.

A questo riguardo abbiamo la testimonianza di Erodoto che parla dell’abitudine degli egiziani di mangiare crudi i volatili di piccole dimensioni (come le quaglie) dopo averli solo salati.

In pasticceria veniva utilizzato il grasso d’oca che veniva raccolto in piccole giare.

Gli uccelli acquatici inoltre rappresentavano anche una cospicua fonte di uova grandi e piccole che venivano raccolte da ogni genere di nido insieme con i pulcini. 

INCUBATRICI CON CACCA

Le uova erano utilizzate non solo in cucina ma anche per l’allevamento.

Gli egizi Infatti ponevano le uova in forni incubatori costituiti da stallatico in fermentazione (feci degli animali da stalla) e così, schiudendosi a tempo debito, le uova rifornivano di pulcini il pollaio domestico. 

Gli struzzi si mangiavano ma erano oggetto più di caccia, mentre pellicani, gru, oche, anatre, faraone, piccioni e quaglie, presi da piccoli, venivano allevati in voliere, delle quali soggetti di taglia maggiore potevano essere messi all’ingresso forzato, come appare da non poche rappresentazioni.

Ma tra tutti gli uccelli l’oca ebbe sempre un ruolo culinario predominante, pari a quello del vitello tra I bovini.

nelle formule di offerta Infatti, questi due animali sono quasi sempre accoppiati rappresentando ciò che di più raffinato si possa presentare: un cibo degno degli Dei e dei re. Subito dopo l’oca veniva l’anatra che costituiva un alimento sempre molto pregiato per re e sacerdoti poi seguiva il piccione meno distinto ma comunque graditissimo ,e le colombe, ultima in ordine di pregio, era la quaglia che debitamente arrostita veniva mangiata tutta intera.

MA IL POLLO?

Quanto il pollo (gallus gallus), il suo nome Egizio non c’è noto, benchè il gallo sia Indiscutibilmente attestato in figure dal Medio regno in poi e che galline furono citate negli annali di Thutmosis III come quegli “uccelli che fanno un uovo al giorno”.

 Esso comunque non ha lasciato traccia in cucina divenendo comune solo in età greco-romana.

CACCIAGIONE

Con l’affermarsi dell’attività agricola come fonte primaria di sussistenza, l’attività di caccia divenne lentamente un’attività di svago.

Obiettivo principale di queste battute di caccia era quello di catturare animali vivi da destinare all’allevamento e addomesticamento.

Scena di allevamento gazzelle

Dalla V dinastia venne introdotto il motivo della caccia individuale, ripreso poi nelle tombe private.

In queste raffigurazioni viene evidenziato il carattere di svago della caccia da parte inizialmente del sovrano e poi esteso alle persone di un certo rango.

In questo contesto l’abilità del cacciatore veniva sottolineata dalla quantità di selvaggina catturata o uccisa.

All’abilità individuale era affiancata la caccia con il boomerang nel canneto, ambiente molto differente da quello paludoso, fitto di vegetazione e soprattutto di uccelli.

Frammento di decorazione della tomba del funzionario Nebamon. XVIII Dinastia.

PESCE

Era la migliore fonte di proteine a buon mercato per l’egiziano medio, che non poteva certo permettersi di mangiare carne quotidianamente. Era un alimento importantissimo nell’alimentazione della manodopera e il Nilo era assai pescoso e ricco di specie ittiche diverse: mormiridi, ciprinidi, siluridi, anguillidi, ciclidi, mugilidi e tetraodontidi.

Giardino di Nebamon, particolare. Tomba del funzionario Nebamon. XVIII Dinastia. Fonte.

I sistemi di pesca erano vari, da quello individuale con l’arpione, alla pesca con la lenza,o con il paniere. Una squadra di pescatori comportava invece la pesca con la nassa (attestata però solo nell’antico Regno).

Essendo il pesce è un alimento povero, i sacerdoti, il faraone e il sommo sacerdote di tutti i culti non mangiavano pesce per principio.

Nonostante tutto c’era un largo consumo in Egitto di pesce secco o salato che rappresentava un’importantissima integrazione alimentare e veniva anche ampiamente esportato.

Mentre il pesce fresco veniva arrostito o bollito, il pesce non consumato subito, era trattato per la conservazione.
I pesci venivano aperti in tutta la loro lunghezza, puliti, sbuzzati e appesi al sole per il disseccamento. Una volta essiccati erano posti in salamoia dentro delle capienti giare.

Stranamente crostacei molluschi Marini non fecero mai parte della dieta degli egizi.

Molto apprezzata invece anche se più come leccornia era la bottarga, costituita dalle ovaie salate, essiccate e compresse dei muggini.

Fonte.

IL LATTE

Data la sua scarsa produzione e la difficoltà di conservarlo e considerando che la pratica della preparazione del formaggio vera e proprio sembra essere stata piuttosto tardiva, il late veniva utilizzato sempre o caldo o dopo aver lasciato fermentare naturalmente. il latte di vacca, di pecora, di capra e di asina, oltre a produrre il burro, serviva per l’alimentazione dei bambini che lo succhiavano da un “biberon” di ceramica con un lungo beccuccio inoltre il latte costituiva un’offerta gradita tanto agli dei quanto ai defunti.

Dato che il latte veniva consumato caldo, si suppone che veniva sterilizzato per bollitura dalla quale si esportava la panna che veniva trasformata in burro mediante lo sbattimento in zangole formate da sacchi di pelle. 

Il burro poi probabilmente subiva una seconda lavorazione per farlo chiarificato: semplicemente gli veniva tolta l’acqua e la caseina facendolo cuocere lentamente a fuoco basso e poi filtrandolo e riposto in un contenitore.

Il burro chiarificato così ottenuto si conservava per tantissimo tempo non irrancidiva ed era ottimo per friggere, lo potete preparare anche voi a casa, il procedimento è davvero facile, vi lascio il link qui.

Il burro chiarificato poteva anche essere mangiato crudo. 

Sempre dal latte scremato fermentato si poteva ottenere una bevanda simile al kefir o al koummis. (bevanda usata anche dai popoli delle steppe asiatiche come i mongoli)  mentre di formaggi veri e propri non sono attestati se non in epoca Tolemaica, ma è molto probabile che fossero conosciuti almeno dei formaggi freschi prodotti dal latte coagulato. 

IL MIELE

Sul miele nell’Antico Egitto ho dedicato un intero post che vi linko qui.

Il miele era un altro prodotto molto importante nell’Antico Egitto anzi gli egizi possono essere considerati i primi apicoltori della storia perché trovarono il modo di allevare razionalmente le api, svolgendo questa attività Soprattutto nella zona del delta del Nilo con le sue enormi distese di campi coltivati. 

L’ape era addirittura il simbolo del Basso Egitto così come il Giunco rappresentava l’Alto Egitto e sappiamo al proposito che Ra era detto “colui a cui appartengono Il Giunco e l’ape”.

Dapprima certamente anche gli egizi raccoglievano i favi selvatici uccidendo le api come fanno tutti i popoli allo stato di natura, molto presto però impararono a costruire con canne rivestite di fango delle arnie aventi la forma di tubi orizzontali, dalla cui parte posteriore potevano stagionalmente estrarre l’eccedenza di favi pieni placando le api con del fumo, esattamente come si fa oggi.

Il miele si conservava in appositi vasi conici o in Giare di terracotta i cui coperchi erano sigillati con cera e rappresentava un prodotto di lusso o per lo meno pregiato.

ERBE E SPEZIE

Per aromatizzare le varie pietanze si utilizzavano vari aromi e spezie come il coriandolo, l’anice, il cumino, il sedano, il prezzemolo, il finocchio, il cerfoglio, l’aneto, il fienogreco (trigonella foenum grecum) con i suoi semi.

pianta di fienogreco
semi di fienogreco

Il meliloto o trifoglio cavallino (melilotus officinalis) i cui fiori secchi hanno il profumo della mandorla dolce.

meliloto

La senape nera, il mirto, il timo, la nigella, il rosmarino, la menta e la cannella, considerata di grande pregio.

IL PANE E LA BIRRA

IL PANE

Tavolino di canne e steli di papiro, impiegato come piano d’appoggio per le forme di pane Fibre vegetali. Nuovo Regno, XVIII dinastia. Museo Egizio di Torino. Fonte

Il pane era un alimento base della dieta degli antichi egizi come cereale, per prepararlo veniva utilizzato il farro e in seguito il frumento questo perché contengono un’alta percentuale di glutine indispensabile per la panificazione.

Ora noi sappiamo che furono proprio gli Antichi Egizi ad inventare il pane lievitato.

È molto probabile che la tecnica di panificazione usata dagli egizi si sia sviluppata nel tempo.

Dapprima essi si sarebbero serviti sempre della stessa ciotola di lievitazione nella quale rimanevano i residui di impasti precedenti con la loro carica di microrganismi.

Dal 1500 a. c  in poi, per accelerare e migliorare la lievitazione, si sarebbe conservato un po’ di pasta lievitata (pasta acida o lievito-seme) da aggiungere a quella fresca, proprio come si usava fare nelle nostre campagne.

Un altro metodo per far lievitare il pane era direttamente connesso alla produzione della birra: infatti veniva prelevata un po’ di birra in fermentazione e aggiunta all’impasto del pane questa porzione di birra fermentata innescava la lievitazione del pane, noi ad esempio abbiamo il lievito di birra che compriamo al supermercato.

Ovviamente esistevano innumerevoli varianti di pani ed impasti che potevano essere dolci o salati, potevano essere fatti con uova, oli, latte, grassi, oppure si potevano aggiungere dei tagli di carne, pezzettini di frutta, erbe aromatiche e semi.

Anche la cottura poteva essere eseguita in vari modi sul fuoco diretto, sulla cenere calda, sulla piastra, sulla superficie del forno, in teglia con varie forme preriscaldate oppure friggendo in padella, fino a raggiungere il numero di quasi 40 piani diversi dei quali conosciamo i singoli nomi ma non le caratteristiche.

Sempre a proposito del pane, ricordiamo che gli archeologi, cercando di spiegare la ragione dell’anomalo consumo dei denti rilevato nelle mummie, hanno pensato di attribuirlo ai granelli silice di rimasti nella farina a causa della macinazione del grano eseguita con la pietra. Altri invece ritengono che l’usura sia stata prodotta da una generica contaminazione dei cibi dovuti alla sabbia del deserto trasportata dal vento e alla imperfetta setacciatura che lasciava della farina piccoli frammenti di glume dure legnose.

LA PANETTERIA DEL FARAONE

Nella tomba di Ramses III è stato scoperto un dipinto a più scene, rappresentante la “panetteria reale”:

In alto a sinistra due uomini lavorano la pasta con i piedi puntellandosi a dei bastoni per aumentare la propria forza; accanto troviamo dei portatori d’acqua, modellatori delle forme di pane, addetti al riscaldamento e alla cottura, infine i portatori di pane appena sfornato.

La pasticceria di corte di Ramses III. Fonte.

Le tipologie di pane erano diverse: c’era pane di forma conica, circolare, semicircolare (i più tradizionali), ovoidale, triangolare, a ciambella ecc. Mentre, tra le varie qualità troviamo il pane condito, troviamo quello con sale, olio o latte, quello al sesamo, alla canfora, ai semi di papavero, al cumino, alla frutta (datteri, fichi, pistacchi, noci, mandorle e ai semi di loto bianco.
Dopo una cottura preliminare alcuni pani venivano cosparsi di farina o di uno strato leggero di impasto fresco e, quindi, ricotti in modo da formare una crosta marroncina. Si presentavano come pani duri e croccanti all’esterno e soffici all’interno.
Durante il Nuovo Regno si usavano forme curiose: zoomorfe, antropomorfe, pani-giocattolo destinati ai bambini, o scopi magico religiosi, come ad esempio il pane a forma di fallo su cui doveva essere recitata una formula.
Nel Nuovo regno si utilizzavano soprattutto dei forni cilindrici alle cui pareti interne venivano attaccati i pani.

LA BIRRA

Mentre l’orzo per la sua alta germinabilità fu preferito per la produzione della birra, ed è così ancora oggi.

Un pane a sé stante era il pane da birra, che veniva preparato contemporaneamente con quello da tavola partendo però dal malto, cioè dall’orzo o dal farro lasciato germinare, seccato al sole e poi macinato, al quale poteva essere aggiunta anche della farina,  questo tipo di pane doveva essere utilizzato per produrre la birra.

Tale pane da birra, frantumato e sciolto in acqua, dava una soluzione di colore giallo-bruno dal sapore dolciastro e dalla consistenza torbida.

Pane e birra devono essere preparati molto spesso perché avevano un tempo di conservazioni piuttosto limitato.

Ovviamente la birra poteva prevedere diverse aggiunte in sede di ammostamento per esempio di miele, estratto di fighe o di carrube, succo di datteri in fermentazione eccetera mentre la birra moderna viene aromatizzata esclusivamente con il luppolo che le conferisce il suo tipico sapore amaro,  la rende più conservabile e ne migliora la schiuma.

Ma ai tempi il luppolo non esisteva, quindi il sapore della birra era molto più dolciastro diverso da quello a cui siamo abituati.

Sei anche notato che la birra andava bevuta quando il suo processo di fermentazione non era ancora del tutto concluso; dalle varie rappresentazioni apprendiamo che essa, dopo il filtraggio, veniva versata in anfore il cui interno era stato spalmato con argilla onde privarlo della naturale porosità è chiusa in modo da evitare il contatto con l’aria, permettendo così alla birra stessa di mantenere una certa pressione per non perdere nell’effervescenza e la sua caratteristica schiuma. Tali anfore inoltre, sebbene chiuse come quelle del vino, non portavano alcuna iscrizione perché il loro contenuto doveva essere consumato subito.

Un piccolo appunto sull’aceto: gli egiziani conosceranno o utilizzeranno l’aceto molto tardi, mentre era molto utilizzato nella cucina greca in quella romana.

Si tratta tuttavia di una strana assenza, considerando la grande quantità di bevande alcoliche in uso dell’Antico Egitto.
Gli autori del libro “La cucina nell’Antico Egitto” hanno provato a realizzare una birra con il metodo Egizio e hanno notato che la birra inacidita produceva un pessimo aceto, quindi non utile a un uso culinario.
Mentre nelle civiltà che utilizzavano spesso il vino, l’aceto di vino che ne risultava era ottimo anche da usare in cucina o per condire le verdure crude.
Ma considerando che il vino in Egitto era costoso, è altamente probabile che non si sia diffuso l’aceto come condimento proprio perché quello di birra era pessimo.

ALTRE BEVANDE

Tra le altre bevande consumate nell’Antico Egitto c’era il vino che poteva essere eventualmente aromatizzato con il miele con della frutta o delle resine veniva infine imbottigliato in apposite anfore.

Oltre al vino di uva, le fonti citano anche quelli prodotti con altri frutti ad esempio esisteva il vino di fichi, che bevendolo bruciava la gola e quindi è paragonabile in un certo senso al nostro bicchierino di liquore.

Il  vino di palma è una bevanda molto ricercata ma era prodotto in scarsa quantità perché l’estrazione della linfa del tronco di quest’albero, a lungo andare, provoca la sua essiccazione.

COMMESTIBILI MINERALI

Il tipico minerale usato nell’alimentazione umana di tutti i luoghi e di tutte le epoche è il Comune sale da cucina, Che si suole distinguere, dalla sua origine, in salgemma, se estratto direttamente da cave terrestri, o sale marino, se prodotto dalle evaporazione dell’acqua di mare. 

Nel caso dell’Antico Egitto, a noi non sappiamo con certezza la provenienza del suo sale da cucina, ma Supponiamo che esso fosse, in parte, ricavato dai depositi di salgemma delle Oasi e del deserto occidentale e, in parte, di provenienza Marina, cioè dalle coste del Mediterraneo e del Mar Rosso.

Nell’Antico Egitto il sale non era usato solo come condimento per rendere più appetitosi i cibi, ma aveva anche un ruolo essenziale per la conservazione degli alimenti. Infatti parti piccole di carne macellate nonché pesci, volatili puliti e sventrati, venivano messi sotto sale e fatti seccare al sole trasformandoli così scorte alimentare a lunga conservazione e molto richieste tanto nel mercato interno quanto per l’esportazione. Il  sale veniva utilizzato anche per fare le salamoie come quelle di cetriolini, antipasti tanto comuni quanto graditi.

Altro minerale utilizzato era l’allume estratto fin dai tempi più remoti questo minerale, dal sapore astringente, sembra sia stato utilizzato per cagliare il latte, come si fa ancora in alcuni paesi del Vicino Oriente si noti però che tale tagliata non è formaggio.

Fra i viveri che venivano elargiti ai lavoratori del villaggio di Deir el Medina troviamo anche il Natron (mescolanza naturale di bicarbonato di sodio, carbonato di sodio e solfato di sodio) notissimo minerale cristallino usato per la disidratazione dei corpi da mummificare e nelle pratiche religiose di purificazione.

Natron (sul terreno)

 A dire il vero, anche se non abbiamo alcuna testimonianza del fatto che il natron fosse adoperato in cucina, possiamo supporre l’uso per lavare, deodorare e sgrassare le mani, nonché i tegami e i piatti, preoccupazione sempre essenziale per un buon cuoco.

COME COMPRARE IL CIBO

Come compravano il cibo o  i generi essenziali per la vita di tutti i giorni, gli antichi egiziani? Questa è una domanda più che lecita poiché nell’Antico Egitto non esisteva la moneta.

La moneta comincerà a essere coniata soli in età Tolemaica ( 305 a.C. al 30 a.C.) per tutto l’Antico Egitto e quindi parliamo di circa 4000 anni di storia ha dominato il sistema del baratto per cui lo stato riscuoteva le tasse in granaglie e con esse pagava quelli impiegati le cui attività non erano direttamente connesse con la produzione alimentare.

E stranamente le persone che si occupavano del commercio, del mercato, di barattare le merci e di aprire veri e propri negozi o Bazar, erano donne

Sappiamo questo a causa di Erodoto che, scoperto quanta libertà potevano le donne in Egitto, rimase scandalizzato. 

Se vi interessa ho realizzato il video sul Cibo nell’Antico Egitto, che potete trovare qui ☺️⬇️

BIBLIOGRAFIA

Pierangelo Mengoli, La cucina dell’Antico Egitto, Kemet edizioni, 2017, Torino

Edda Bresciani. “Letteratura e poesia dell’antico Egitto” . Einaudi Tascabili
Museo Egizio di Torino. “Civiltà degli Egizi, la vita quotidiana”. Istituto Bancario San paolo di Torino.
Alessandro”, Il Saggiatore, Maria Luisa Migliari, Alida Azzola, “Storia della gastronomia”, Edipem

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